Essere una neomamma non è un mestiere sempre facile. Il parto è una gioia traumatica, una lacerazione fisica e psicologica che racchiude in sé emozioni contrastanti e che delle volte lascia una cicatrice indelebile su di un corpo, che con molta probabilità, non ritornerà più ad essere quello di prima. Il momento del parto è solo l’inizio del caos perfetto che la nuova vita comporta: il sonno scarseggia e le notti sono insonni, arrivano le coliche, i pianti inconsolabili, i rigurgiti e poi c’è la fatica dell’allattamento! Si, l’allattamento!
Spesso, una delle prime domande che amici, parenti e conoscenti pongono alla neomamma è: “Dai il tuo latte?” Il senso comune sostiene e alimenta continuamente la convinzione che dare il proprio latte possa garantire una relazione sicura con il bambino e la sua buona salute. Si tende inoltre, a considerare chi allatta, una brava mamma, una mamma migliore rispetto a chi sceglie per svariate ragioni, di utilizzare il latte in polvere!
Queste credenze sociali e culturali ampiamente diffuse, sviluppano un senso di colpa, di inadeguatezza, che talvolta, costringe la neomamma a vivere l’esperienza dell’allattamento anche quando quest’ultima, non rientra tra le sue priorità da madre.
Alcune mamme non scelgono di allattare, altre presentano condizioni fisiologiche che non lo consentono. Perché dunque criticarle? Perché farle sentire diverse e sbagliate?
La relazione madre-bambino e la salute del bambino non sono determinate unicamente da questo fattore: numerose ricerche sostengono la molteplicità delle variabili in gioco.
Conosco bambini allattati, costantemente ammalati o ancora, mamme che non hanno allattato e che vivono una relazione simbiotica e positiva con il figlio. Ridurre questi complessi processi psicologici e fisiologici ad un unico fattore, quale l’allattamento, appare dunque semplicistico, banale, restrittivo, oltre che controproducente per la neomamma che deve già affrontare numerosi adattamenti.
A questi stereotipi culturali e alla fatica di tutti i giorni, si aggiunge anche la paura di non farcela, di non essere all’altezza della nuova situazione e di fallire nel nuovo ruolo. Sentirsi responsabile della sopravvivenza di un altro essere umano acquisisce un valore emotivamente molto intenso che fa emergere quotidianamente nella donna, tanti timori e interrogativi: “Sarò in grado di capire i suoi bisogni? Sarò in grado di proteggerlo? Sarò una brava mamma? Sarò in grado di rapportarmi e di comportarmi in modo adeguato col piccolo svolgendo con successo i compiti connessi al mio ruolo genitoriale?”
E’ un momento della vita in cui la donna ricostruisce la sua identità: una parte della sua personalità scompare per dare spazio ad una nuova parte, integrata con il senso dell’essere madre (Stern 2000). Una trasformazione spontanea che determina nella donna nuovi pensieri, nuove paure, speranze, fantasie e azioni. La nuova identità definisce una persona “nuova”, una donna “nuova”, completamente diversa rispetto a quella di un tempo. Il suo SE’ diventa ALTRO DA SE’: la nascita e quindi l’incontro con il figlio reale, che nel corso della gravidanza era solo immaginato e idealizzato, richiede alla donna di farsi anche madre e di riuscire a conciliare la propria femminilità con la neo maternità. Tutti i ruoli in precedenza acquisiti (amica, moglie, lavoratrice, figlia) vengono condizionati e quindi modificati dall’ESSERE MADRE. La difficoltà a sostenere e conciliare le due posizioni, di donna e di madre, può essere rilevante e necessita di essere superata con la ridefinizione di un nuovo equilibrio personale e sociale e con il coinvolgimento attivo del partner.
Il neo papà deve vivere insieme alla donna queste profonde trasformazioni senza pretese e aspettative contrarie a quelle che sono le esigenze del nuovo ruolo. Anche il “NOI” cambia, non è più lo stesso, idealizzato e romantico, ma diventa un “NOI” pratico, un “NOI” squadra attraverso il quale la coppia non smette di esistere ma si assesta e si trasforma per adattarsi alla nuova vita.
Tanti sono dunque i cambiamenti che la maternità comporta: per poterli affrontare serenamente, bisogna camminare accanto alla neomamma e fornire supporto.
Una neomamma non ha bisogno di critiche, di giudizi e di consigli sproporzionati sul modo in cui si prende cura del suo bambino, ma necessita di sostegno, di comprensione, appoggio e si, anche di tante coccole per poter intraprendere serenamente questo nuovo percorso insieme a suo figlio.
Le neomamme sono fiori delicatissimi, che richiedono cura e attenzione costante, che hanno bisogno di essere nutrite d’amore, di essere trattate con-tatto, soprattutto quando, nelle giornate più faticose, quel sentimento di inadeguatezza, di incompetenza, di ansia, di svalutazione prende il sopravvento.
Se accanto ci sono persone sensibili, che oltre a preoccuparsi del bebè, con piccoli gesti, con parole di ammirazione e gratitudine, si occupano anche della mamma, questa trasformazione rappresenta un periodo meraviglioso, un momento di felice cambiamento, in cui la donna realizza di essere una nuova persona e di aver messo al mondo un essere unico e speciale con il quale creerà un legame incondizionato, senza tempo, né misura.
Elisabetta Giuranno
Psicologa-Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale in formazione
Questo articolo ha un commento
Bellissimo veramente questo articolo. Complimenti