La maggior parte dei neogenitori si pone spesso un interrogativo: “Sono un bravo genitore?”
A questa fatidica domanda, alla quale non c’è una risposta esaustiva e stabile nel tempo, si aggiunge per i genitori di oggi “Sono un bravo genitore e – sto facendo del mio meglio per attutire gli effetti negativi che il Covid -19 potrebbe avere sullo sviluppo psichico di mio figlio?”
In questo articolo ho scelto di intervistare una donna, mamma di una bimba di un anno e mezzo, lavoratrice e residente in una delle regioni più colpite dalla pandemia, cercando, da un lato, di fornire ai lettori spunti utili di riflessione e, dall’altro, di “normalizzare” le preoccupazioni che potrebbero sorgere in questo periodo.
Quali sono le difficoltà che incontra una mamma lavoratrice che è costretta in questo momento a lavorare da casa?
“Io e il mio compagno siamo entrambi dei consulenti e da febbraio lavoriamo in smart working. Siamo sicuramente dei privilegiati perché abbiamo potuto godere di una situazione “protetta” rispetto ad altre categorie di lavoratori che hanno dovuto spostarsi dalle proprie abitazioni.
Tuttavia, non è tutto facile come potrebbe sembrare.
Una bambina di un anno e mezzo richiede attenzioni praticamente continue che sono difficilmente conciliabili con un lavoro molto impegnativo in termini di energie mentali, lucidità, concentrazione. Ne risente la serenità della famiglia, messa sotto stress dalla totale distinzione tra uno spazio e un tempo del lavoro e uno spazio e tempo per il resto e ne può risentire anche la qualità del lavoro, è sempre molto frammentato.
Un vantaggio grande riguarda invece il tempo risparmiato negli spostamenti, che in una grande città possono voler dire, come nel mio caso, circa due ore al giorno”.
In alcuni casi, lo smartworking può comportare una perdita di confini tra vita lavorativa e vita privata. Come avete organizzato gli spazi e i tempi?
Ci siamo trovati in una situazione del tutto nuova, inaspettata, e improvvisa. Per la tipologia del nostro lavoro sia io che il mio compagno eravamo abituati a lavorare in casa di sera o nel weekend, ma si trattava di piccole parentesi all’interno della giornata.
Lavorare continuamente da casa per interi mesi è stata una rivoluzione. All’inizio ci siamo illusi di poter riuscire a fare tutto, ma molto presto ci siamo resi conto che era impossibile.
Di fatto abbiamo spalmato le nostre ore lavorative su “turni”, quando possibile, in modo che uno di noi possa concentrarsi e lavorare e l’altro dedicarsi alla bambina. Automaticamente la giornata lavorativa si è allungata, perché soprattutto in periodi di lavoro intenso abbiamo utilizzato le ore del mattino presto e dopocena per avere più tempo a disposizione.
Abbiamo poi dovuto riorganizzare gli spazi. Vivendo in un piccolo appartamento, abbiamo trasformato la cameretta di nostra figlia in un piccolo studio, dove lavora chi ha bisogno di maggiore concentrazione e di parlare con i colleghi. Avrà la sua cameretta quando la situazione tornerà a un qualche tipo di normalità. Per il resto ci spostiamo tra le diverse stanze della casa in base a cosa sta facendo la bambina: lavoriamo in cucina quando lei dorme, in camera da letto quando lei gioca in soggiorno, etc. Parola d’ordine: flessibilità!
Siamo scesi a compromessi anche con alcune nostre scelte educative che un tempo avremmo seguito con maggior rigore: ad esempio, facendole utilizzare più spesso di quanto avremmo voluto il cellulare o la tv per vedere video, ascoltare canzoncine etc. Ci dispiace farlo, ma in alcuni momenti non abbiamo scelta perché dobbiamo intrattenerla mentre lavoriamo.
Una ricerca condotta da Linkedin a pochi mesi dall’inizio della pandemia per comprendere in che modo il “telelavoro” stia impattando sulla salute psicologica di oltre 2000 lavoratori italiani, illustra che il 46% si percepisce più ansioso e stressato per il proprio lavoro e di lavorare almeno un’ora al giorno in più. Il team di Copernico ha proposto un vademecum per affrontare al meglio lo smart working. Sarebbe auspicabile avere una postazione di lavoro esclusivamente dedicata ma, quando ciò non è possibile, si dovrebbe preparare un ambiente accogliente con sedia e luce adatta. È utile anche fare più spesso delle pause e cogliere tutte le occasioni possibili per muoversi un po’: camminare mentre si è al telefono, alzarsi per fare delle piccole faccende domestiche nelle pause. Quel che sembra parimenti fondamentale, è la capacità di imporsi dei limiti orari ed in questo può aiutarci l’utilizzo di un planning per stabilire le ore da dedicare alle attività del tempo libero. Per quanto riguarda i colleghi e i rapporti umani, è importante restare in contatto anche quando ciò non è strettamente indispensabile ai fini lavorativi.
Molti genitori riferiscono preoccupazioni sulle conseguenze psicologiche che potrebbero esserci a causa della situazione emergenziale che stiamo vivendo. Qual è il tuo punto di vista?
Ho una foto che resterà emblematica di questi mesi: mia figlia che guarda dalla finestra della sua cameretta mentre abbraccia un peluche e lo fa guardare fuori. Ecco, cosa provasse a passare così tanto tempo in casa da sola e quanto potesse sentire la mancanza del mondo esterno è sempre stata una domanda che mi sono fatta.
Mi chiedo se, nonostante la sua età, questa situazione avrà un impatto negativo sulla sua crescita. Mi chiedo poi anche quale dovrebbe essere la nostra priorità, ora che siamo in autunno e la situazione sta rapidamente peggiorando: privarla di esperienze educative e ludiche che potrebbero arricchire la sua crescita (frequentare il nido, andare al parco, incontrare altri bambini) ma che potrebbero implicare dei rischi per la saluta sua e nostra, oppure correre dei rischi consapevoli, sapendo che non è una situazione che si sbloccherà così facilmente?
Non ho ancora una risposta e, anzi, continuo a cambiare idea molto più spesso di quanto vorrei in base alle notizie che vengono comunicate e pubblicate.
Questa situazione di imprevedibilità ha sgretolato quei pochi punti fermi che avevamo su cosa fare e come comportarci e ci ha costretto a “ripensarci” prima di tutto come persone (nel lavoro, nei rapporti umani etc.) e poi anche nel ruolo di mamma e papà. Stiamo facendo del nostro meglio, sarà il meglio anche per la nostra bambina?
Non abbiamo istruzioni ma neanche termini di paragone, perché l’eccezionalità della situazione priva anche di termini di confronto. Quello che ci diciamo è che se siamo sereni noi, automaticamente trasmetteremo serenità ed equilibrio anche a lei e speriamo che possa bastare perché questa tragedia collettiva non lasci traccia nel suo sviluppo psicofisico.
Non possiamo avere certezze sugli esiti a lungo termine che avrà la pandemia sui nostri bambini, ma è indubbio che il comportamento dei genitori ha un’importanza indiscussa in questo momento. La ricerca condotta dal Gaslini di Genova per monitorare l’impatto della pandemia sullo stato psicologico di bambini e famiglie ha evidenziato che all’aumentare di sintomi o comportamenti conseguenti alla condizione “Covid” nei genitori (disturbi d’ansia, dell’umore, disturbi del sonno, consumo di farmaci ansiolitici e ipnotici), corrispondeva un aumento dei disturbi comportamentali e della sfera emotiva nei bambini e negli adolescenti. È fondamentale che i genitori trasmettano sicurezza ai figli, fornendo loro informazioni chiare, con un linguaggio adeguato all’età, non esponendo soprattutto i bambini ad immagini e notizie non adatte al loro livello di comprensione. I bambini hanno bisogno di sicurezza ma anche di giocare, ridere, fare i compiti e imparare cose nuove.
Photocredit: Bambino foto creata da freepic.diller – it.freepik.com