Sotto la superficie rugosa del nostro cervello si trova una fitta rete di cellule nervose chiamate neuroni che, trasmettendo le informazioni attraverso impulsi elettrici, rendono possibili la cognizione e il comportamento. Essi intervengono in tutte le nostre funzioni vitali, ci aiutano a percepire il mondo, rendono possibile il funzionamento dei nostri organi e guidano i nostri movimenti. Tuttavia, alcuni neuroni sono coinvolti in processi più complessi, legati all’apprendimento, all’empatia e addirittura al piacere nella contemplazione di opere d’arte: si tratta di cellule nervose chiamate neuroni specchio. La scoperta dei neuroni specchio rappresenta una delle grandi pietre miliari scientifiche degli ultimi tempi. Nel 1992, il neurologo italiano Giacomo Rizzolatti e il suo brillante team, effettuando una serie di ricerche sul rapporto tra il sistema motorio e le funzioni cognitive, hanno identificato, dapprima nelle scimmie e tre anni più tardi nell’uomo, questo tipo di neuroni che si attivano non soltanto quando un individuo compie una certa azione ma anche quando questo osserva un’altra persona svolgerla. Sebbene all’inizio la loro base neurobiologica sia stata individuata nell’area motoria, in seguito è stato riconosciuto il coinvolgimento di diverse regioni cerebrali.
Successive e affascinanti ricerche hanno poi permesso di scoprire che questi neuroni non solo codificano l’atto motorio osservato ma consentono anche all’osservatore di comprendere le intenzioni altrui: “i neuroni specchio ti fanno entrare nei panni degli altri” – dice Giacomo Rizzolatti. E questo accade poiché queste cellule nervose rivestono un ruolo importante in diversi processi cognitivi legati all’imitazione, che non solo ci aiuta ad apprendere osservando ma ci consente anche di empatizzare e comprendere le altre menti. Il ruolo dell’imitazione acquisisce maggiore complessità nel quadro delle interazioni sociali; in una situazione in cui interagiamo con altre persone, riceviamo una grande quantità di stimoli contestuali come gesti, espressioni verbali, segnali emotivi, e incorriamo in modelli di imitazione senza esserne consapevoli. Questo è ciò che J. A. Bargh et al. hanno chiamato effetto camaleonte.
Così il comportamento di un individuo cambia in maniera passiva e involontaria per adattarsi ad una determinata situazione e secondo i ricercatori la mimica, nella misura in cui porta la persona a imitare la postura e i movimenti degli altri, migliora le interazioni sociali e le rende più piacevoli. Come se adottando modelli mimici comuni, aumentasse la coesione tra le persone, accentuando la percezione emotiva. Le ricerche condotte negli ultimi anni hanno confermato quanto i neuroni specchio sono strumento per rappresentare “l’altro da noi” e per promuovere le interazioni sociali; queste cellule nervose hanno un’importanza tale che il neurologo indiano-statunitense Ramachandran non ha esitato ad affermare: “sono i neuroni che hanno plasmato la civiltà”. E’ possibile considerare quindi i neuroni specchio come motore della vita in società? La risposta è sì. Le nostre emozioni sono intimamente legate alle nostre relazioni sociali attraverso l’empatia, la capacità di metterci nei panni degli altri che nasce dall’imitazione e, come abbiamo già detto, l’imitazione la dobbiamo ai neuroni specchio.
Veder piangere uno sconosciuto e in qualche modo condividere il suo dolore è la reazione che conosciamo come empatia, ovvero il coinvolgimento affettivo di una persona in una realtà estranea che permette di percepire, condividere e capire ciò che l’altra persona sente. Scienziati che studiano il rapporto tra emozioni e neuroni specchio, come l’italiano Vittorio Gallese, sostengono che comprendiamo il significato dell’esperienza vissuta da altre persone non attraverso le loro spiegazioni ma grazie a una comprensione diretta dell’esperienza quasi reale di tale situazione. La connessione tra neuroni specchio e sistema emozionale è dunque molto stretta. Nel 1999, alcuni studi hanno dimostrato che l’imitazione e il gradimento verso un’altra persona tendono ad andare di pari passo e che quando qualcuno ci imita e ci fa sentire parte del gruppo tendiamo ad apprezzarlo e ad empatizzare di più. L’empatia dunque, è il precursore di intense esperienze emozionali, in grado di creare legami e vincoli affettivi tra le persone, in modo unico. In una rete neurale composta da neuroni specchio, dal sistema limbico e un’altra regione chiamata insula, i neuroni specchio sono responsabili della simulazione delle espressioni facciali osservate in altri individui e questo, a sua volta, stimola l’attività delle aree limbiche per suscitare nell’osservatore l’emozione che provano le altre persone, empatizzando con loro.
Concludendo, la scoperta dei neuroni specchio non solo si è rivelata importante nel chiarire il funzionamento di molti meccanismi alla base della cognizione sociale ma apre anche la strada alla comprensione di malattie neurologiche in cui questo sistema di neuroni specchio è probabilmente un sistema imperfetto, come nel caso dell’autismo, condizione di sviluppo neuronale caratterizzata da carenze nell’interazione sociale e nella comunicazione. Linee di ricerca possono indirizzare il loro interesse allo sviluppo di innovativi trattamenti per questa ed altre patologie, perché “senza empatia non saremmo in grado di navigare nel nostro mondo sociale” – M. Bekoff
Alessia Capasa
Psicologa
BIBLIOGRAFIA
- Chartrand, T. L., & Bargh, J. A. (1999). The Chameleon effect: the perception-behavior link and social interaction. Journal of personality and social psychology, 76(6), 893.
- Gallese, V. (2003) The Roots of Empathy The Shared Manifold Hypothesis and the Neural Basis of Intersubjectivity. Psychopathology, 36(4), 171-80.
- Iacobini, M., I neuroni specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri. Bollati Boringhieri, Torino 2008.
- Rizzolatti, G., Gnoli, A., In te mi specchio. Per una scienza dell’empatia. Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 2018.
Questo articolo ha un commento
Argomento molto interessante, è stato spiegato in maniera esaustiva, fa capire l'importanza di questa meravigliosa scoperta.
Brava la psicologa Capasa.
Complimenti vivissimi