L’intervento cognitivo-comportamentale è un trattamento psicoterapeutico ampiamente diffuso.
È considerato molto valido da un punto di vista scientifico, data la notevole e consolidata quantità di ricerche empiriche a livello internazionale che ne confermano l’efficacia.
Nata negli anni Sessanta con Ellis e Beck, la psicoterapia cognitivo-comportamentale ha subito nel tempo una complessa evoluzione, con lo sviluppo di nuove tecniche e di nuovi metodi sempre più mirati agli obiettivi terapeutici.
Nella terapia cognitivo-comportamentale si distinguono tre generazioni, conosciute anche come “ondate”.
L’approccio psicoterapeutico di prima generazione fa riferimento alla terapia comportamentale (Behavior Therapy), il cui principale oggetto di studio è il trattamento dei comportamenti problematici e dei sintomi. In seguito a ricerche sperimentali che hanno impiegato le leggi dell’apprendimento – che possono essere riassunte in condizionamento classico e condizionamento operante – sono state realizzate le corrispondenti applicazioni cliniche.
Uno degli strumenti più utilizzati da questo approccio è l’analisi funzionale del sintomo, condotta attraverso l’ABC comportamentale: A corrisponde agli antecedenti situazionali, ovvero a quelle situazioni stimolo che possono elicitare o che precedono un comportamento; B rappresenta il comportamento disadattivo e inadeguato su cui intervenire; C ne indica le conseguenze all’interno del contesto in cui il paziente è inserito. L’analisi funzionale del sintomo permette, dunque, di studiare il comportamento sulla base degli stimoli che lo elicitano e dei rinforzi che lo seguono.
Intorno agli anni Sessanta nasce un nuovo paradigma, che non si occupa solo dell’osservazione dei comportamenti, ma pone la sua attenzione sui contenuti e sulla forma dei pensieri: la teoria cognitivo-comportamentale. In tale prospettiva, gli eventi esterni fungono da stimolo, attivando dei pensieri che a loro volta influenzano le nostre reazioni emotive e i nostri comportamenti. Partendo, dunque, da pensieri disfunzionali e distorsioni cognitive, il terapeuta si adopera per renderli più funzionali attraverso la ristrutturazione cognitiva delle credenze patogene, organizzate in schemi che il soggetto utilizza per operare una lettura della realtà.
I pensieri, pertanto, sono indagati attraverso l’ABC cognitivo: con A si fa riferimento agli eventi e alle situazioni attivanti; B rappresenta il pensiero; con C si indicano le risposte emotive, somatiche e comportamentali del paziente.
Infine, negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita della cosiddetta terza ondata, all’interno della quale due pilastri fondamentali sono l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy) e la Mindfulness.
Prima di approfondirne l’aspetto tecnico, viene di seguito riportato un caso clinico di età evolutiva che ne introdurrà gli aspetti pregnanti.
CASO CLINICO – Filippo, 8 anni, ha paura che di notte i ladri possano entrare in casa. Nello specifico, teme di svegliarsi durante la notte, di provare a cercare i suoi genitori e di non trovarli. Non riesce a dormire da solo e ha bisogno che qualcuno lo conforti.
Durante un colloquio, il terapeuta chiede a Filippo di provare a disegnare le sue paure. Una volta terminato il disegno, lo invita ad appuntare il seguente pensiero: “Userò questo disegno la sera per abituarmi sempre di più ai brutti pensieri”.
Analizzando la parola “abituarmi”, possiamo individuare un aspetto fondamentale dell’approccio psicoterapeutico di terza generazione: il processo di accettazione.
Il cuore dell’approccio della terza generazione e nello specifico dell’ACT, infatti, è costituito dall’esagono della flessibilità psicologica (o Esaflex).
Sperimentare i sei vertici dell’esagono rende il paziente più flessibile e meno rigido nelle sue concettualizzazioni. Nello specifico:
- la defusione è la capacità di prendere le distanze da pensieri disfunzionali, cercando di attenuare la tendenza a fondersi con i contenuti dei propri pensieri;
- l’accettazione è la capacità di lasciare spazio ai pensieri e alle emozioni, anche negativi e dolorosi. La sofferenza psicologica, infatti, non deriva solo dal contenuto dei messaggi negativi della mente, ma anche dal tentativo di contrastarli e reprimerli;
- il contatto con il momento presente è la capacità di sperimentare i propri pensieri nel qui ed ora. Ciò porta il paziente al riconoscimento dei suoi valori;
- i valori sono i principi importanti per il paziente, che lo motivano al cambiamento;
- l’azione impegnata è la capacità di perseguire i propri valori;
- il sé come contesto è il processo di riconoscimento di sé che va oltre al contenuto dei propri pensieri. Il soggetto non si concentra e non si fonde con le etichette legate ad esperienze passate, ma impara ad osservarsi in un determinato contesto.
È proprio nel contatto con il momento presente che sono racchiuse le pratiche connesse con la Mindfulness – l’attenzione consapevole. Essa ha lo scopo di far sviluppare una maggiore consapevolezza dei pensieri e delle emozioni personali nel momento presente.
Alla luce dell’excursus trattato, emerge come la terapia cognitivo-comportamentale, quindi, si componga di molteplici tecniche e protocolli di intervento. È fondamentale, tuttavia, sottolineare come ciascuna delle tre generazioni non miri a sostituire le precedenti. Al contrario, si aggiunge ad esse e le integra, favorendo un’applicazione più efficace del trattamento.
Federica Raho
Psicologa
Questo articolo ha 3 commenti.
😘
L'articolo è estremamente interessante. L'analisi dettagliata e la singolare chiarezza espositiva consentono di approcciarsi al tema con l'attenzione che merita.
Genitori e insegnanti, in particolare, possono farne tesoro.
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