Forse hai già sentito parlare della “reazione di attacco o fuga”, cioè di quel sistema che si attiva quando siamo in presenza di un pericolo, reale o immaginario.
Fisiologicamente, quando siamo spaventati e/o arrabbiati, il nostro corpo si prepara a rispondere alla situazione stressante, attaccando o fuggendo, per salvaguardare la sopravvivenza.
Cosa succede in quei momenti nel nostro corpo?
Si mobilitano tutte le energie a disposizione, grazie all’azione di uno speciale cocktail di ormoni, neurotrasmettitori e neuro-mediatori, per fronteggiare il pericolo: aumenta la frequenza del battito cardiaco e l’afflusso di sangue ai muscoli; il fegato fornisce ulteriore energia all’apparato muscolare, attraverso il rilascio di glucosio; iniziamo a respirare più rapidamente e l’apporto di ossigeno aumenta; si dilatano le pupille e si amplia il campo visivo, per individuare più facilmente i fattori di rischio; diminuisce l’apporto del sangue ad alcuni organi, come stomaco e intestino (influenzando l’intero apparato digerente), risparmiando energia per utilizzarla nei distretti in cui è maggiormente necessaria in quel momento.
Si attiva il sistema nervoso simpatico e vengono assicurate prestazioni migliori al nostro corpo, in vista di grandi sforzi, grazie anche all’attività delle ghiandole surrenali e alla produzione e diffusione nel sangue di ormoni dello stress, come adrenalina e cortisolo.
Questo sistema ha permesso, sin dalla preistoria, la tutela dell’individuo e noi siamo proprio il frutto del buon funzionamento della reazione di attacco o fuga. Pertanto, in presenza di un pericolo, tale sistema risulta non solo altamente funzionale, ma sicuramente indispensabile.
Nella nostra società, però, il rischio è che gli stimoli ambientali attivino le reazioni sopra elencate troppo spesso: oggi, nella cultura occidentale, si assiste ad una persistente pressione sociale verso successo, prestazione e competizione, che portano ad una sovraesposizione del nostro organismo a stimoli stressanti.
Hai notato che i sintomi descritti sono esattamente quelli che proviamo quando siamo particolarmente in ansia, o, ancora più pesantemente, quando abbiamo un attacco di panico?
In quei momenti, il nostro corpo funziona guidato proprio da questo sistema, allo stesso modo in cui l’organismo del nostro antenato si attivava davanti ad una minaccia, come la presenza di una bestia feroce.
Il nostro cervello, infatti, non distingue lo stress o un pensiero dalla reale presenza di un pericolo per la propria vita e agisce innescando l’intricata rete di reazioni fisiologiche connesse al sistema di attacco o fuga, il quale risulterà, quindi, sovraccarico e iperstimolato.
Quando la reazione di attacco o fuga diventa uno stato fisiologico quasi costante e non più una momentanea mobilizzazione delle risorse dell’organismo si parla di stress cronico e i rischi fisici e psicologici possono essere numerosi e invalidanti.
Il consiglio per mantenere un buon funzionamento di corpo e mente è agire in modo da bilanciare l’attività del sistema sin qui descritto con quella di un altro sistema, di cui forse si sente parlare meno: il “sistema di calma e connessione”.
Questo sistema, connesso all’attività del sistema nervoso parasimpatico, è il responsabile di reazioni opposte a quelle del sistema di attacco o fuga: la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e il livello di cortisolo (ormone dello stress) nel sangue diminuiscono; l’appetito aumenta e i processi di digestione e assimilazione sono più efficienti; l’afflusso di sangue aumenta anche a livello della pelle, donandoci un colorito roseo; aumenta la tolleranza al dolore e la propensione all’interazione sociale.
Uno degli ormoni influenti nel sistema di calma e connessione è l’ossitocina, particolarmente conosciuto per il ruolo attivo durante il parto e l’allattamento, ma implicato anche in una serie di azioni quotidiane.
Si è osservato, attraverso studi su mammiferi di varie specie, che questo sistema può essere stimolato e attivato da stimoli tattili (massaggio, carezze, abbracci), ma anche olfattivi, uditivi e visivi.
I nostri sensi sono coinvolti nell’interpretazione dell’ambiente circostante e qualsiasi stimolo ci appaia fastidioso o minaccioso è un potenziale attivatore del sistema di attacco o fuga e, viceversa, davanti ad uno stimolo gradevole, la possibile risposta sarà l’attivazione del sistema di calma e connessione.
Un aspetto di grande rilievo è che si sono approfonditi gli effetti delle interazioni e relazioni umane sull’attivazione del sistema di calma e connessione, giungendo a dei risultati decisamente interessanti: la percezione di una relazione gratificante, basata sul sostegno, l’ascolto empatico e il calore, favorisce un buono stato di salute, principalmente riguardo le malattie cardiovascolari.
Si basa su questo l’effetto benefico del sostegno psicologico, sia nella relazione tra paziente e psicologo, sia per l’acquisizione personale di migliori capacità relazionali da mettere in pratica nei contesti affettivi e sociali.
In aggiunta a queste, il sistema di calma e connessione può essere stimolato da altre strategie e tecniche, come le pratiche di meditazione, tra cui la mindfulness, da approcci psicoterapici di terza generazione, come la Compassion Focused Therapy (Terapia Focalizzata sulla Compassione) e da tecniche neuroscientifiche di ultima generazione, come il training biofeedback dell’HRV (argomenti che verranno approfonditi nei prossimi articoli).
In conclusione, è facile dedurre che il “sistema di attacco o fuga” e il “sistema di calma e connessione” siano entrambi indispensabili per nostra vita e che il segreto per mantenerci in salute è avere il costante obiettivo di stimolare l’attivazione del secondo, in risposta agli stimoli ambientali che inevitabilmente portano ad una iperattivazione del primo.
La nostra salute è questione di equilibrio e possiamo scegliere di avere parte attiva nel fare oscillare nel modo più funzionale questi due importanti piatti della bilancia.