L’ansia sale, l’aria inizia a mancare e aumentano le palpitazioni: è il campanello d’allarme dell’ennesimo attacco di panico. Provi a tranquillizzarti, ma le gambe tremano, il sudore viene giù freddo e il pensiero è sempre lo stesso: “sto per morire”.
Ogni minuto sembra durare un’eternità, il cervello va a mille, ma la preoccupazione maggiore è tentare di nasconderlo al resto del mondo.
Questo è ciò che proviamo ogni volta che un attacco di panico si presenta a farci visita.
Sarebbe più facile gridare aiuto senza vergogna o paura del giudizio, senza limitarsi a parlare solo con chi, con consapevolezza, accoglie lo sfogo come cura.
Purtroppo la poca conoscenza di questi o altri disturbi portano ad un giudizio superficiale e a dei consigli altrettanto fuori luogo, primo tra tutti: “tranquillo, non è niente, pensa a una cosa bella”, come se l’attacco di panico potesse risolversi con una tisana o una sigaretta. Di fronte a questi atteggiamenti la reazione più naturale è quella del nervoso, della rabbia e della frustrazione di sentirsi sbagliati e incompresi, insieme alla voglia di tenersi tutto dentro e scomparire da un mondo privo di empatia. Gli anni scolastici sono stati i peggiori: difficile forse pensare come un ragazzo sempre sorridente e socievole possa in un attimo cambiare umore senza un apparente motivo.
A niente servivano le richieste di abbandonare l’aula durante le crisi: per molti insegnanti erano scuse per non seguire la lezione o per farsi la passeggiata in corridoio. Quando mi veniva negato il permesso di allontanarmi dalla classe tendevo a innervosirmi, non mi capacitavo del fatto che non comprendessero ciò che mi succedeva, mi sentivo morire dentro. La continua esposizione a questi episodi che mi causavano disagio, perdita di autostima e fiducia negli altri, mi influenzò nella scelta di lasciare la scuola. Con il passare del tempo ho imparato ad accettarmi, ansia compresa, con la consapevolezza che è parte di me e devo prendermene cura per conviverci.
Ad oggi so che è difficile, quasi impossibile, essere compreso da tutti, ma ho imparato che spesso si incontrano anche persone disposte ad ascoltarti e aiutarti.
Nel 2016, fase critica in cui tutti i giorni erano segnati dalla presenza ingombrante degli attacchi di panico, mi consigliarono la psicoterapia, parlavano di biofeedback e mindfulness, ma reduce da numerosi psicologi con annesse terapie farmacologiche, non gli diedi molto peso, stanco di non ottenere nessun miglioramento. Un giorno decisi di fare un ultimo tentativo e andai al primo incontro con il dott. Ciccarese, che riuscì subito a coinvolgermi e a guadagnarsi così la mia fiducia. Ad oggi so che non avrei potuto fare scelta migliore. Mentirei se dicessi che gli attacchi di panico sono scomparsi completamente, ma i benefici che si ottengono possono cambiarti la vita: ora so gestire l’ansia e le impedisco di distruggere ogni mia giornata. Data quest’esperienza, che oggi condivido con piacere, il mio consiglio è: non abbiate paura di farvi seguire da un professionista, chi va dallo psicologo non è un pazzo, ma una persona che ha preso in mano la sua vita e ha il coraggio di chiedere aiuto.
Nessuno si salva da solo, per questo so che la soluzione è tutta lì, nell’ascolto sensibile delle fragilità altrui.
Testo e Foto
Mattia Margari