Con il termine “enuresi nei bambini” intendiamo l’incapacità della persona a controllare la vescica.
Il controllo sfinterico riguarda la capacità del bambino di controllare volontariamente i muscoli dello sfintere, cioè quelli deputati a trattenere e a rilasciare la pipì e la popò.
Questa capacità fisiologica solitamente si acquisisce intorno ai 2-3 anni ma dobbiamo tenere in considerazione le differenze sostanziali riscontrabili tra i bambini.
Per essere definito “enuretico” il bambino deve avere più di 5 anni, oppure un’età mentale di 5 anni nei pazienti neurologicamente compromessi; a questa età, infatti, solitamente si acquisisce il controllo vescicale diurno e notturno.
Esistono diverse tipologie di enuresi:
- enuresi notturna: si verifica quando il bambino bagna il letto durante la notte e rappresenta la tipologia più diffusa;
- enuresi diurna: se il bambino non riesce ad avere un controllo sulla vescica nelle ore diurne;
- enuresi primaria: quando il bambino non ha raggiunto il controllo minzionale per un periodo continuativo di almeno 6 mesi;
- enuresi secondaria: quando il bambino sperimenta episodi di enuresi in seguito ad un periodo di continenza ininterrotto per più di 6 mesi; questa forma, chiamata anche “regressiva”, è spesso correlata con situazioni o eventi stressanti come un lutto, incidenti, la nascita di un fratellino, cambiamenti scolastici, conflitti familiari, la malattia di un genitore.
Quali sono le possibili cause
Alcuni casi sono correlati a problemi di natura organica come infezioni del tratto urinario, problemi renali, stitichezza, apnea ostruttiva del sonno, ridotta secrezione dell’ormone antidiuretico (ADH) e altre patologie. Per questo è molto importante richiedere una consulenza pediatrica ed effettuare un corretto iter diagnostico al fine di comprendere l’eziologia del problema. Nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte ad un disagio di natura multifattoriale non imputabile ad un’unica causa.
Quanti bambini hanno questo problema
L’incidenza di questo disturbo è molto elevata e non si riscontrano differenze ambientali, socioeconomiche e culturali; ne soffre circa il 20% dei bambini a 5 anni di vita, il 5-10% a 6 anni, l’1,5-5% a 10 anni e l’1-2% circa degli adolescenti.
Sembrerebbe che, nella maggior parte dei casi, il problema si risolva spontaneamente anche se non ci sono elementi anamnestici e clinici che consentano di presumere se, quando, e in quali circostanze avverrà la risoluzione spontanea.
In alcuni casi il disturbo può perdurare in età adulta anche se in maniera saltuaria.
In Italia si registra un’incidenza globale del 3,8% su una popolazione compresa fra 6 e 14 anni; il disturbo è più frequente nei maschi ed è familiare in 2/3 circa dei casi.
Quali conseguenze ha il disturbo
L’enuresi è spesso correlata ad uno scarso senso di autoefficacia personale, ad una maggiore probabilità di sviluppare problemi depressivi e a difficoltà scolastiche e relazionali.
La sofferenza psicologica è strettamente connessa con le limitazioni e l’isolamento sociale cui è sottoposto il bambino: spesso, nel caso di enuresi notturna, i piccoli rinunciano ad allontanarsi dall’ambiente familiare e a pernottare fuori, rifiutando, ad esempio gite scolastiche e viaggi.
Quando l’enuresi è diurna il bambino può provare un senso di vergogna e imbarazzo causato dalla derisione da parte dei coetanei e dall’atteggiamento scarsamente comprensivo di chi se ne prende cura.
Cosa possiamo fare?
Attualmente oltre il 65% dei pazienti non riceve un inquadramento diagnostico e un trattamento adeguato a causa di un atteggiamento astensionista dei medici e dei genitori, che reputano il problema marginale, transitorio e di sicura risoluzione spontanea con il passare del tempo.
Hägloff ha dimostrato che questa modalità di pensiero e azione ha conseguenze significative perché l’enuresi intacca l’autostima dei pazienti come altre malattie croniche invalidanti e mina l’immagine corporea, limitando profondamente la crescita identitaria e l’acquisizione delle autonomie. Le difficoltà psicologiche riscontrate sono spesso conseguenza dell’impatto del problema sulla vita del paziente, e non causa dell’enuresi come per molto tempo si è pensato.
Un intervento precoce con il bambino e con i genitori può aiutare il piccolo e l’intero sistema familiare a gestire al meglio il problema e a far fronte alle possibili conseguenze.
FONTI:
“Enuresi un problema sottostimato” – Guida pratica per il pediatra di Antonio D’Alessio;
www.webmd.com/mental-health/enuresis
Campagnoli E., D’agrosa F., (2011). Mai più Pipì a Letto. Come affrontare serenamente e con successo questo problema così comune. Edizioni Red