Capita di ascoltare genitori parlare dei propri figli con fierezza e a volte con preoccupazione, ma quando si parla di bambini “troppo intelligenti”, tutti concordano che siano dei genitori davvero fortunati.
Ma quando si parla di “troppa intelligenza” e quando di plusdotazione?
La nota del MIUR 562 del 2019 ha inserito ufficialmente la plusdotazione tra i Bisogni Educativi Speciali. Ma perchè? Chi sono le persone gifted?
Con il termine “plusdotato” (gifted) si identifica solitamente un individuo che, rispetto ai pari, mostra o ha il potenziale per mostrare un’abilità sorprendente in un determinato momento e in specifiche aree considerate di rilievo nella propria cultura di appartenenza (Keating, 2009; Pfeiffer, 2012; Sternberg et al., 2011).
Con termini più semplici potremmo dire che in pratica, il bambino plusdotato è colui che rispetto alla media dei coetanei ha prestazioni molto elevate nell’affrontare nuovi compiti e situazioni, maggior capacità e rapidità di memorizzazione ed utilizza adeguate strategie di apprendimento. Sono bambini che a scuola si annoiano e quindi si distraggono spesso ma se interrogati sanno esattamente cosa è stato spiegato.
A questo punto verrebbe da chiedersi: perché dovrebbe essere un problema?
La plusdotazione non è una diagnosi da identificare ma una caratteristica che crea un elevato sviluppo asincrono tra livello cognitivo e quello emotivo-relazionale manifestata inadeguatamente nei diversi contesti sociali.
A scuola ad esempio, questi bambini, tendono a sfidare gli insegnanti non rispettando le regole, sono disordinati e non hanno un metodo di studio adeguato, a volte vengono etichettati come bambini iperattivi, perché non sentendosi “nel posto giusto” sviluppano una profondità emotiva intensa, amplificano i vissuti e gli eventi con reazioni spropositate, appaiono apparentemente distaccati e anaffettivi o somatizzano con dolori fisici (percezione corporea).
E’ importante quindi creare una didattica flessibile e adeguata che li stimoli senza perdere la loro originalità e li aiuti a organizzare il loro lavoro intervenendo sulle loro potenzialità e aiutandoli a vivere le sconfitte serenamente.
Un altro aspetto non meno importante è la loro difficoltà nel creare amicizie; per questo risulta necessario un intervento psicologico che faccia comprendere al ragazzo le sue particolarità rispetto ai suoi coetanei attraverso un training sulle abilità sociali che lo aiutino a sviluppare una rete di amicizie.
Durante questo percorso è utile coinvolgere anche genitori e insegnanti avendo come obiettivo il miglioramento della vita dei bambini o ragazzi adolescenti dando spunti di riflessione che permettano di valorizzarli e di crescere serenamente.
Iole Rainò – Dott.ssa in Psicologia