A partire dai primi mesi dell’anno 2020, a causa della proliferazione del virus SARS-CoV-2, la nazione ha dovuto fronteggiare la situazione pandemica attraverso l’approvazione di una serie di misure restrittive, risultate indispensabili per proteggere i cittadini, in special modo, i più vulnerabili. Le misure attuate dal governo hanno riguardato, in primo luogo, la chiusura dei luoghi affollati in modo da evitare la rapida diffusione del virus.
La diretta conseguenza della chiusura si è riversata sul fenomeno dell’isolamento sociale con chiare ripercussioni a livello psicologico di tutta la popolazione, nonché degli individui più fragili (Brooks et al., 2020; Mukhtar, 2020; Weissman et al., 2020). La situazione di incertezza vissuta durante la pandemia è stata un innesco per l’insorgenza di disturbi del comportamento alimentare (Haddad et al., 2020): diverse ricerche condotte a cavallo tra il 2020 e il 2021 hanno dimostrato che i casi e i ricoveri per anoressia nervosa in età pediatrica sono incrementati in modo esponenziale da un anno all’altro (Haripersad et. al., 2021); inoltre, è stato rilevato che i comportamenti messi in atto da individui con disturbo della nutrizione, ad esempio abbuffate nel caso di bulimia nervosa o binge eating, si sono intensificati (Termorshuizen et al., 2020). I disturbi del comportamento alimentare sono considerati multidimensionali in quanto non si riferiscono unicamente ad un deficit nell’alimentazione ma riguardano anche la sfera cognitiva ed emotiva (Ruggiero, Sassaroli 2014; Adenzato et al., 2012). Probabilmente, in un quadro di tal genere, è possibile attribuire significato all’incremento di comportamenti disfunzionali, facendo riferimento alla mancanza di strategie di autogestione e adattamento (Baenas et al., 2020) ed in alcuni casi, alla sospensione delle cure dovuta alle misure di contenimento.
Molteplici ricerche [1] hanno sottolineato alcuni tra i fattori che hanno causato maggiore stress durante il periodo di lockdown: la discontinuità dei percorsi di cura, i timori scaturiti dalla possibilità di contagiarsi, la paura di non poter controllare il proprio corpo, la paura di prendere peso, i disagi dovuti alla convivenza e ai rapporti con i familiari più stretti, l’aumento di ore sui social network e i messaggi veicolati dai mezzi di comunicazione riguardo alla conduzione di uno stile di vita salutare. Dunque, il focus su cui si vuole porre attenzione è il possibile cambiamento nel percorso di cura dei pazienti con disturbo alimentare durante il periodo di emergenza sanitaria (Cazzola et al., 2020): in particolar modo, è emerso che il successo della terapia a distanza è strettamente legato alla partecipazione del contesto familiare al percorso di assistenza e dalla presenza di un clima positivo e favorevole alla riuscita del percorso (Yaffa et al., 2021). La logica sottesa alla terapia in cui è coinvolta anche la famiglia corrisponde all’atteggiamento del “prendersi cura di”: i comportamenti disfunzionali attuati da una persona con disturbo del comportamento alimentare come restrizioni, vomito, abbuffate sono condotte che rendono critica la stabilità familiare e incerte le relazioni al suo interno. Per tali ragioni, è stato necessario dare continuità ai percorsi di psicoterapia dei pazienti che non si trovavano in una struttura ospedaliera nel momento di esordio dell’emergenza sanitaria. Gli interventi, svolti online, si sono concentrati sullo sviluppo di un’alleanza terapeutica forte in modo da evitare in ogni modo il rischio di dropout, in special modo con i nuovi pazienti; sul supporto e sul continuo monitoraggio settimanale, ponendo particolare attenzione ai momenti di difficoltà. Un esempio pratico di un intervento psicoterapeutico efficace in tale contesto si focalizza sull’auto-gestione del tempo da trascorrere in casa svolgendo attività che si considerano piacevoli; o ancora, sulla modifica dei pensieri riguardo il lockdown lavorando sul senso di auto-efficacia del paziente (Cappa et al., 2020).
Nella ricerca condotta da Cazzola e colleghi (2020) è stato preso in considerazione un campione di pazienti con ricovero in Day Hospital a cui sono state poste diverse domande riguardo i cambiamenti da loro percepiti durante il periodo di lockdown: dalle risposte è emersa la paura di non poter “sfogare” il proprio disturbo perché continuamente controllati dal contesto familiare; dunque, la famiglia è stata percepita come invasiva. Risaltano agli occhi frasi come “…perché mi sento in gabbia, non libera di poter fare ciò di cui ho voglia/bisogno quando voglio, soprattutto senza avere l’ansia dei controlli. Sono peggiorate le sensazioni che avevo già prima di questa situazione di emergenza” o “Sono più controllata ma almeno ora non ho bisogno di scuse per evitare le situazioni sociali che preferirei evitare”[2]. Dalle risposte emerge il forte impatto della realtà sui pensieri, il bisogno di sentirsi liberi, la preoccupazione relativa al peggioramento dei sintomi nell’alimentazione e al peggioramento della situazione della pandemia. I percorsi di terapia online hanno avuto un ruolo cruciale nel supporto dei pazienti e hanno garantito la continuità delle cure; inoltre, i risultati possono essere attribuiti ad un successo del paziente stesso attraverso il potenziamento dell’autonomia e dell’auto monitoraggio e non al “setting assistenziale in quanto non è possibile legarlo ad un ambiente specifico” (Murphy, 2020). Inoltre, è stato dimostrato che la terapia online ha reso possibile incrementare la costanza degli incontri e ha consentito di ridurre il rischio di dropout grazie alla facilità e alla disponibilità degli strumenti (Colleluori et al., 2021; Frayn et al., 2021). La telemedicina, quindi, come dimostrato dalle ricerche di Yaffa (2021), utilizzata per la terapia dei disturbi del comportamento alimentare ha successo quando il contesto familiare è organizzato e orientato positivamente rispetto all’adattamento alle nuove condizioni; d’altra parte, in contesti familiari complessi e difficili, il percorso potrebbe non avere il medesimo livello di successo. Dunque, nella scelta del percorso da seguire, a distanza o face-to-face, è necessario in ogni caso basarsi sul funzionamento familiare.
Marta Giaccari
Laurea magistrale in Psicologia
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[1] Brooks et al., 2020; Castellini et al., 2020; Colleluori et al., 2021; Mukhtar, 2020; Philipou et al., 2020; Rodgers et al. 2020; Schlegl et al., 2020; Termorshuizen et al., 2020; Weissman et al., 2020.
[2] Citazioni presenti in Cazzola, C. et al. (2020). LOCKDOWN DENTRO IL LOCKDOWN: PERCEZIONE DELLA SITUAZIONE DI EMERGENZA SANITARIA COVID-19 IN UN REPARTO DI RIABILITAZIONE PSICONUTRIZIONALE PER I DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE. Cognitivismo Clinico, (2).