Cara me

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Cara me,

come ogni sera mi “ri-trovo” a lasciare andare su un pezzo di carta i miei pensieri assordanti, per spegnere sulla mia pelle quelle storie intrise di tanto rumore e confusione.

Questa volta il mio taccuino serale vuole raccontarsi a chi come me ogni giorno si confronta con la fatica della sofferenza, con rumori assordanti di percorsi confusi, con occhi che ti guardano pieni di speranza e fiducia, voci tremanti e sguardi bassi di chi pensa che tutto ha perso un significato. In quel momento, in quel preciso istante vorresti caricare su di te ogni singola emozione di smarrimento e paura, ed è in quel momento, che arriva la responsabilità di un’altra storia da ricucire, un altro passato da narrare, un altro cammino da imboccare.

Cara me, talvolta penso di non farcela a caricare sulle mie spalle questi fardelli, mi sento impotente e piccola di fronte a tanto smarrimento, mi sento in colpa quando rivedo la mia vita negli occhi di miei pazienti che mi raccontano la loro sofferenza, e mi sento a tratti così fortunata dell’ “altra me”, quella che mi attende a casa nel mio ruolo di madre, compagna e figlia. Quanto è difficile rimanere sintonizzati con queste emozioni così rumorose, seguire fili di vita intrecciati e trasformati in nodi da sciogliere.

Cara me, spesso sono stanca e confusa anch’io: pensieri, sensazioni, emozioni di sbagliare mi assalgono, mi tolgono le energie. Mi chiedo: “Sarò capace di aiutare questa persona”; “Sarò in grado di arrivare alla sua anima e prendermi cura”. Non immaginavo sarebbe stato così complesso conservare una distanza emotiva tra me e …un’altra vita!!! Assurdo, non posso mettere una distanza con chi mi chiede un aiuto! Invece si, mi suggerisce chi vede i miei occhi stanchi! “Devi imparare staccare dal tuo lavoro, altrimenti finirai per farti assorbire! Il mio cervello logico conosce la soluzione in realtà è quello che mi ripeto spesso: “Inizia con il non rispondere sempre al telefono”, ma poi cosa accade quando squilla il telefono?

Cara me, provo un senso di colpa se in quel preciso momento non sono stata all’altezza del mio lavoro e del mio ruolo. Lo ammetto, ci sono giorni in cui sono stanca, non ho energia, e forse credo in fondo di non poter essere d’aiuto. Oggi è uno di quei giorni. Avrei voluto annullare tutti gli appuntamenti, spegnere il cellulare e lasciare spazio all’altra me. In fondo è quello che insegno ai miei pazienti, riconosci e soddisfa i tuoi bisogni! Ma poi io non riesco a farlo? Anzi da questo momento in avanti, cara me, condividerò con i miei colleghi la stanchezza e, talvolta, lo smarrimento che provo, che uno psicoterapeuta prova ogni giorno.

Cara me, grazie per avermi ancora una volta ascoltata, avevo bisogno di lasciare andare le mie fragilità su questo pezzo di carta. Tornerò domani, adesso ho bisogno di riposare.

Dott.ssa Maria Grazia Della Tommasa

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