Il fatto che le madri siano capaci di abusare sessualmente dei bambini è un’idea terrificante per gli stereotipi sociali di maternità.
La spiegazione di tale comportamento, quando non sono presenti forti disfunzionalità psichiatriche, può essere ricondotta al ciclo dell’abusante-abusato. In questo caso la donna sfoga la propria rabbia, accumulata nei pregressi di abuso subito, attraverso comportamenti di tipo offender sui propri figli.
La donna quindi, al pari dell’uomo, infrange aspetti profondi della propria esistenza e nello specifico quel simbolo del “materno” permettendosi di violare i propri figli attivando forme incestuose, ma soprattutto comportamenti che vanno a ledere lo sviluppo emotivo, cognitivo e psichico del bambino.
Per quanto riguarda nello specifico al fenomeno del ciclo abusato-abusante tra la popolazione femminile, alcuni dati emergono dallo studio di Goodwin[1] condotto sugli abusi sessuali e non, di madri nei confronti dei loro figli, in cui si chiedeva a un gruppo di 100 madri maltrattanti se prima dei 18 anni avessero subito abusi sessuali. Il gruppo di controllo era rappresentato da 500 donne normali della stessa comunità. Da questi risultati emerse che il 27% delle madri abusanti/maltrattanti aveva subito in passato relazioni incestuose, contro solamente il 3% del gruppo di controllo. Questi risultati sottolineano ancora una volta il circolo vizioso dell’abuso e dell’incesto: madri che da bambine o adolescenti sono state abusate in famiglia, tenderanno a loro volta una reiterazione dell’abuso subito sui propri figli, maltrattandoli a livello fisico, psicologico e in alcuni casi estremi anche sessuale. Se il figlio abusato è maschio il rischio di attivare il ciclo sembra essere ancora più probabile poiché è più vulnerabile da un punto di vista psicologico- emotivo rispetto alla bambina.
Alcune manifestazioni dell’abuso maschile e femminile sembrano essere comuni, come la pedo- pornografia, il turismo sessuale, il verificarsi di abusi incestuosi o al di fuori della famiglia. Anche le cause psicologiche sembrano essere le stesse, infatti è presente un forte sentimento di paura per quello che hanno subito nel loro passato unito a un sentimento di rabbia verso quei carnefici contro i quali non sono stati in grado di difendersi. Oggi, però, quei bambini sono diventati adulti e possono spostare su terzi, a loro volta, questa rabbia, rifacendosi così in parte del male subito. E’quello che Stoller[2] intende per “odio erotizzato”, una modalità inconscia per cui attraverso la perversione sessuale l’individuo agisce in realtà sulla vittima il suo grande rancore e odio nei confronti di chi in passato lo traumatizzò.
A differenza dell’uomo, che per caratteristiche socio-culturali trascorre poco tempo con il proprio bambino, la donna, in quanto madre, trascorre invece gran parte della giornata. La madre si occupa molto della cura fisica del bambino, ecco allora che, la donna abusante trova molteplici mascheramenti per potersi esprimere.
La madre, infatti, può agire atti sessuali nei confronti del/la proprio/a bambino/a attraverso per esempio “bidet prolungati”, “bagnetti” frequenti dove le mani della madre esitano più a lungo del dovuto sui genitali del bambino, dormire insieme nel letto matrimoniale o fare insieme il bagno nudi approfittando di quella “sana” situazione contestuale per farsi toccare nelle zone intime procurandosi solitamente eccitazione sessuale.
Un’altra forma particolare di abuso si manifesta quando non è la donna che mette in atto comportamenti pedofili nei confronti del figlio, ma è complice del compagno, che invece abusa davvero del bambino, il suo “far finta di non vedere” è un’ulteriore violenza ai danni delle piccole vittime abusate e non protette da chi invece dovrebbe amarli e tutelarli.
Secondo Welldon[3] la differenza tra l’abuso maschile e femminile risiede nel diverso obiettivo insito nei due generi sessuali: all’uomo l’atto perverso permette di soddisfare il suo bisogno inconscio di aggredire l’altro, rifacendosi così del trauma vissuto in passato, è dunque una forma di aggressione “eterodiretta”. Per la donna invece l’obiettivo primario del suo comportamento non è il danneggiare l’altro, ma il danneggiare se stessa attraverso l’altro, per la donna aggredire un bambino/figlio ha lo stesso significato dell’aggredire se stessa, si tratta quindi di un’aggressione “autodiretta”. Per l’autrice sia l’uomo perverso che la donna perversa hanno avuto un rapporto estremamente disturbato con la figura materna, ma laddove l’uomo riesce in qualche modo a reagire, la donna inevitabilmente interiorizza la madre odiata nel proprio stesso corpo femminile e si identifica con questa. La donna perversa vedrebbe così nel proprio bambino un’estensione di sé, così come lei in passato è stata trattata come estensione della propria madre.
L’abuso fisico nei confronti dei bambini è spesso nascosto alla vista, accade in casa, e le vittime sono troppo spaventate o si vergognano per far in modo che si venga a sapere dell’abuso subito, inoltre, alcuni bambini accettano questa situazione di abuso come normale poiché arrivano a credere che si siano meritati la violenza.
L’importanza della figura materna nello sviluppo psicofisico del bambino è di vitale importanza, soprattutto nel periodo che va da 0 a 3 anni, un “periodo critico” denominato da Lorenz “imprinting”, in cui il cervello del bambino è in formazione, si modellerà proprio in base agli stimoli ambientali che riceverà da chi si prende cura di lui. Appare evidente che le conseguenze degli abusi sessuali sono molto gravi per il bambino che li subisce, più il bambino è evolutivamente immaturo maggiore sarà il rischio di un danno emotivo- fisico-psicologico. La risposta del bambino piccolo potrebbe rivelarsi anche estrema attivando comportamenti psicologici di rifiuto alla vita come il rifiutare il cibo, tipico di un comportamento anoressico.
L’abuso sessuale perpetrato dalla donna conduce molto spesso alla psicosi. La madre è la persona cui il bambino si “attacca” di più e il vedere in lei il duplice volto del bene e del male, di chi lo ama e di chi lo uccide, crea in lui un cortocircuito, rendendolo così un ottimo candidato per lo sviluppo di una psicopatologia severa.
In conclusione, si può dire che, per quanto sconcertante, questi tipi di abuso esistono da sempre. Oggi, però, la società è portata a difendere la donna in quanto si ritiene che la figura femminile sia naturalmente amorevole. Per superare questo tabù sarà necessario acquisire questa consapevolezza, necessaria per poter prevenire ogni possibile condizione di abuso.
Di Matteo Anna
Laurea in Psicologia clinica
[1]J. Goodwin . Abuso sessuale sui minori, Torino, Centro Scientifico Torinese, 1987.
[2]R. J. Stoller,Perversione: la forma erotica dell’odio, Milano, Feltrinelli, 1978.
[3]E. Welldon, Madre, madonna, prostituta,Torino, Centro Scientifico Torinese, 1995.
Questo articolo ha un commento
Interessante e di sicuro spunto riflessivo sulla società di oggi e su canoni e stereotipi che andrebbero sicuramente visti nel giusto contesto e nella giusta ottica. La figura materna, da sempre fulcro psicologico dello sviluppo psico emotivo di ogni essere umano, oggi, attraverso gli studi, si compone di nuove, profonde e interessanti sfaccettature. Argomentazioni e punti di vista stimolanti.